Eroi ed altre favole digitali

Eroi ed altre favole digitali

sabato 27 ottobre 2012

Roger

L’acrobata e musicista Roger ti aspetta con piacere sul web al “festival delle letterature dell’adriatico” (pag.7). Se ti va,va a trovarlo e  se il racconto dovesse soddisfare le tue aspettative,  clicca un laconico “mi piace.

          L’acrobata e musicista  Roger, essere supremo e polvere di roccia.

Quando fu invitato a salire sul palcoscenico, Roger corse verso il microfono con la grinta di un ventenne. Con voce energica e tonante gridò:“ Io sono l’essere supremo e questi sono i miei tre assistenti! Il debutto artistico di Roger e de “Gli altri Dei aggiunti” avvenne durante la trasmissione “rock a vanvera”, un concorso “musicale” divertente, snervante ed estremamente difficile. La competizione aveva lo scopo di misurare le abilità di improvvisazione, al limite del possibile dei gruppi musicali concorrenti. Il regolamento prevedeva che ogni band suonasse un pezzo originale del proprio repertorio, e, nel frattempo, gli utenti dei maggiori social network votavano in tempo reale, scegliendo uno tra alcuni dei classici del rock, un centinaio di canzoni circa e votavano la band che l’avrebbe eseguita subito dopo tutte le operazioni di voto. I temerari musicisti “in ballo” si affidavano alla sorte ed un ulteriore votazione consacrava la vittoria della migliore esecuzione. Il pubblico aveva buone ragioni per adorare Roger e la sua banda di capelloni. Erano“musicalmente”dotati ed era evidente che possedevano peculiarità artistiche migliori rispetto a quelle delle altre band in gara. Lo spettacolo visivo delle esibizioni di Roger e compagni, era eccezionale poiché l’aspetto scenografico e teatrale delle performance erano curati nei minimi dettagli. Oltretutto, Roger scelse uno pseudonimo adeguato alla sua figura. Frontman, assai carismatico, possedeva alcuni dei connotati “canonici” dell’essere supremo per eccellenza. Roger era un signore di settantadue anni, robusto e con una voce potentissima. Vestiva con un saio bianco, un paio di occhialetti tondi e dei sandali alati. Aveva il viso perennemente “aggrottato”, la barba bianca, lunga oltre cinquanta centimetri, i capelli bianchi e anch’essi molto lunghi, una chitarra Fender a tracolla su cui poggiava le dita soltanto durante i suoi magnifici ed insoliti assoli. A dimostrazione di un talento artistico congenito, Roger ripeteva puntualmente uno spettacolo specifico, una specie di rito, ogni volta sorprendente. Sullo sfondo scuro, una sfera che rappresentava l’emisfero terrestre ed una nuvola. Roger, da acrobata provetto eseguiva una ruota ginnica e saltava molto in alto, tirava uno schiaffo al mondo, la sfera iniziava a volteggiare soffice e leggera. Sospeso per aria e ritirando la sfera verso di sé, Roger chiudeva gli occhi e mordeva ripetutamente il mappamondo di spugna. Poi, prendeva quattro enormi dadi di cartone riprodotti molto fedelmente rispetto ai comuni dadi di legno e li buttava sulla nuvola, posizionata all’orizzonte del palcoscenico. Raccolti i dadi li mostrava al pubblico. Nonostante il regolamento non prevedesse qualsiasi altra esibizione oltre quella musicale, nessuno osava fermare Roger per una semplice ragione. Il pubblico in sala ne restava incantato. Era uno spettacolo di natura semplice che rasentava la “licenza poetica visiva” e anche i membri della giuria si erano abituati alla pantomima che loro stessi apprezzavano come assai gradevole. Il giorno della finale, Roger con i quattro dadi sotto il braccio destro ed un pezzo di mondo fra i denti scese dal palco, si avvicinò alla giuria e mormorò: “Il luogo che ho scelto e’ Londra, l’anno lo vedete e’: il 1962”. Detto ciò diede il La alla sua band e tutti insieme iniziarono ad intonare “Love me do” dei Beatles. Lo scopo di Roger era quello di rendere lo spettacolo il meno noioso possibile. Sapeva benissimo che su tutti e quattro i dadi erano impressi rispettivamente l’uno, il nove, il sei e il due cosicché le combinazioni possibili fossero limitate ad una sola. E sapeva altrettanto bene, come fare a centrare con la bocca l’Inghilterra e precisamente Londra in modo da lasciarsi l’esatto pezzo di spugna fra i denti e mostrarlo alle telecamere. Ebbene, il giorno della finale, come di consueto, uno dei giudici si avvicinò a Roger, dicendogli che la giuria, come al solito, aveva apprezzato lo spettacolo ma lo ammonì di ricomporsi e guardando l’enorme cartellone elettronico piazzato al centro del palcoscenico comunicò che il pezzo scelto dagli utenti delle rete era stato paranoid dei Sabbath. Eseguirono la canzone con tempismo ed enfasi impeccabili, un’esecuzione fantasiosa e quasi migliore del pezzo originale. A quel punto fu chiaro agli utenti della rete e agli altri giurati chi dovesse meritare il primo posto della classifica finale. Roger e i suoi meritarono di vincere. Anche nelle puntate precedenti, interpretarono in maniera efficace altrettante canzoni di varie icone del rock n’roll dai Led Zeppelin ai Ramones, dagli Stones agli Ac/dc. Da allora in poi i quattro riscossero un successo planetario. Ciò nonostante Roger si rendeva ritroso. In cinque anni non aveva mai concesso a nessuno di farsi intervistare. Finalmente un giorno si decise. Roger sedeva accanto a due giovani ed avvenenti donne che baciava con insistenza. Un giornalista chiese a Roger a cosa dovesse il suo successo. Dopo aver sorseggiato del whisky Roger rispose che, il segreto del suo successo era nascosto nella polvere di roccia: “ C’e una roccia dietro casa mia. Ogni giorno la gratto e la polvere che ne fuoriesce la mangio accompagnandola ad un buon bicchiere di Chianti Rosso”. Subito dopo, il silenzio venne rotto da una lunga e corale risata. Il volto del giornalista si dipinse di rosso vergogna, si guardò intorno temendo di fare la figura dell’idiota e controbatté: “Come nella polvere di roccia, si spieghi meglio Mister Roger”. “Giovanotto! Nessuno ha mai chiesto a John Lennon a cosa dovesse il suo successo” rispose Roger e guardando una delle ragazze negli occhi imbracciò la chitarra. Intonò la sua canzone preferita e ad “Amami, dai, amami” seguì un bacio appassionato molto lungo tra Roger ed una delle due donne, allorché il giovane giornalista stizzito se ne andò via.

lunedì 15 ottobre 2012

Poeti in cortocircùito

                                                                

Sono Dante,un ricercatore “precario”.Ho conseguito la laurea in ingegneria con centodieci e lode nel 1992  e prima di lavorare come ricercatore,facevo il barista.Il lavoro di barista,mi ha permesso di sopravvivere e di far fronte alle spese che ho dovuto sostenere per ben quattro master di specializzazione in ingegneria  robotica.Sono stati anni difficili,specialmente gli ultimi.Sarei tornato a vivere con i miei genitori se l’orgoglio non me lo avesse impedito…ahimè…ho scelto di assumere l’identita’di fallito e non quella di “bamboccione”.Rimpiango di non essere sposato,di non avere una famiglia e di non essere riuscito ad accumulare le risorse necessarie ad acquistare una casa.Alla frustrazione,poco tempo fa,si sono aggiunti anche la rabbia e l’invidia.Il motivo e’ il seguente: al centro ricerche,e’stato assunto un nuovo dipendente.Si chiama Remo,ed e’stato assunto immediatamente con  contratto a tempo pieno ed indeterminato.Remo e’ una vecchia conoscenza.E’ il nipote della “prepotente”.Questo l’appellativo che usavamo nel lontano 1983 noi studenti del liceo Classico Antonini,per descrivere la nostra  professoressa di lettere.La “prepotente”,e’ stata  mia vicina di casa per tanti anni.Litigava spesso con mio padre per una questione relativa a dei passaggi di proprieta’.Non ho mai odiato nessuno in vita mia,comunque,Remo e sua zia non mi sono“troppo simpatici”.La “prepotente”,lei sì che era capace di odiare,non gli mettemmo quel nomignolo a caso.Ma  non odiava tutti, solo alcuni. A me non voleva troppo bene.Conosceva i miei difetti,sapeva che  le materie letterarie le studiavo senza entusiasmo.La mia passione era rivolta alla matematica, alle materie scientifiche e a distanza di anni ho capito di aver frequentato il Liceo Classico,soltanto per rendere felice mia madre anche lei insegnante di Italiano.Ancora oggi,il ricordo di quel che accadde  in classe durante una delle lezioni dedicate alla Divina commedia, suscita in me un senso di sdegno.Un giorno,Alberto,figlio di un noto imprenditore della zona,si mise un cappello di cartapesta con le orecchie da asino.Ridevamo tutti,ma la punizione piu’ severa capito’ a me.La “prepotente” mi intimo’di scrivere sulla lavagna i versi del primo canto dell’inferno.All’apice della collera disse che non ero degno di portare il nome del sommo poeta. Sono sicuro,che sarei stato capace di scriverli quei versi ma non riuscivo a concentrarmi,urlava come una pazza e con soddisfazione mi inflisse una pena severissima.Il capello da asino,fini’ sulla mia testa,scrisse una nota di demerito sul diario con un enorme spazio dedicato alla firma dei miei genitori e  pretese  che  riempissi un  quaderno intero dei primi versi del primo canto dell’inferno,da presentarle ad ogni ora della lezione di Italiano.“Buon sangue non mente”,dice un vecchio proverbio.Mai proverbio piu’azzeccato.La tracotanza del mio collega Remo come quello di sua zia non aveva limite.Era stato inserito nel mio stesso gruppo di lavoro! Non sapevo come avesse fatto! Io e gli altri ricercatori abbiamo seguito un tirocinio di due anni,prima di  entrare nel gruppo di sperimentazione.Insieme collaboravamo alla messa a punto di un prototipo robot che recitava poesie ed uno dei dirigenti,aveva ritenuto opportuno sostituire le elaborazioni di Remo con le mie; ma Remo,che non sapeva cosa fosse “la lotta ad armi pari”,era arrivato al laboratorio accompagnato da sua zia ed il giorno della presentazione al pubblico era sul palco assieme al poeta robot!!Evidentemente,qualcosa non aveva funzionato.L’aggeggio,appena acceso,emetteva scintille,era fuori controllo e privo di vitalita’,quindi Remo gli dava una forte pacca sulle spalle come se al robot fosse andato di traverso qualcosa.A quel punto,una voce recito’solo pochi versi ossia: “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la dritta via era smarrita”.Poche parole bastarono ad animare la folla. La “prepotente”,fu la prima ad alzarsi per battere le mani.Gli altri spettatori la seguirono e il fragore degli applausi riempi’ la sala.Purtroppo,dopo quell’episodio io e Remo siamo venuti alle mani e sono stato licenziato in tronco…Ho scritto questo racconto circa quattro anni fa..Avevo l’abitudine di scrivere le mie memorie su un quaderno,una sorta di diario.Mi e’stato di grande aiuto!Ora vivo e lavoro in Svezia.Sono stato assunto come ricercatore presso l’universita’di Stoccolma,sono sposato ed ho due splendidi bimbi.Ho saputo che il vostro “blog” dedicato alla ricerca  di  persone scomparse riceve ogni giorno migliaia di visite,quindi,mi sono iscritto e ho aperto questo “post”.Vorrei attirare l’attenzione di mia madre,mio padre,mio fratello,mia sorella e tutti i miei amici comunicando loro che sto bene e vorrei chiedere scusa: sono andato via senza dirvi niente e per delle ragioni specifiche che un giorno vorrei spiegarvi, ma, la pubblicazione di questo racconto,e’ la prova che sono ancora vivo…..”Vi voglio bene”.(Dante ’69)



Questo racconto partecipa al concorso letterario Montesilvano scrive “Match d’autore 2012”. Se vuoi, puoi votarlo entro il 21 Ottobre 2012, cliccando sul tasto di condivisione del social network  facebook che trovi in fondo alla pagina di questo link http://blog.gelocal.it/ilcentro-montesilvano-scrive2012/2012/10/02/poeti-in-cortocircuito/

P.S.: Se il link non dovesse funzionare, vai sul sito de “Il centro” quotidiano d’abruzzo alla pagina del blog dedicata a Montesilvano scrive “Match d’autore 2012”. Lì troverai tutti i racconti pubblicati.Clicca in fondo alla pagina del racconto “ Poeti in corto circuito”, porta la data del  2 Ottobre. Grazie dell’attenzione !



venerdì 10 agosto 2012




Il soggetto che vedete, fa parte di un carnet di disegni a colori che ha come tema la musica” live “. Sono realizzati su normali fogli di carta bianca e senza l’ausilio ne’ della gomma, ne’ della matita.


" Letture Estive "

" Se sono cio’ che sono e non cio’ che ho,nessuno puo’ privarmi ne’ della mia sicurezza ne’ del mio senso di identita’,e neppure minacciarlo di farlo.Il mio centro e’ dentro di me; la mia capacita’di essere e di esprimere i miei poteri essenziali e' parte integrante della mia struttura caratteriale e da me dipende.Questo vale per i processi normali dell’esistenza anche se,naturalmente,non per circostanze quali legati a una malattia che renda invalidi,alla tortura,o ad altri casi di forti costrizioni esterne.
Mentre l’avere si fonda su qualcosa che l’uso diminuisce,l’essere viene incrementato dalla pratica. (Il “roveto ardente” che non viene consumato dalle fiamme e’ il simbolo biblico di questo apparente paradosso.).I poteri della ragione,dell’amore,della creazione artistica individuale,insomma tutti i poteri essenziali,crescono grazie al processo del loro esprimersi.Cio’ che si spende non va perduto,ma al contrario va perduto cio’che si conserva.L’unica minaccia alla mia sicurezza nella condizione dell’essere risiede in me stesso:nella mancanza di fede nella vita e nelle mie capacita’ creative;in tendenze regressive; nella pigrizia interiore e nell’aspirazione che siano gli altri a provvedere alla mia vita.Si tratta pero’ di pericoli che non sono inerenti all’essere,mentre il pericolo di perdere e' inerente all’avere ".



Erich Fromm 1956

venerdì 13 luglio 2012

Out of the Net # 4 ( Fine del primo capitolo)


 Out of the net e’una storia a fumetti che ho iniziato a scrivere  e disegnare un po’ di tempo fa .  Pensavo che la trama fosse adatta ad un ciclo “breve” di disegni. Pian piano ho composto un capitolo di circa centodue pagine….   ( Forse  cinque o sei in piu’ adesso non so dirlo con certezza ) ed ho messo  in cantiere nuove idee da accostare ad altrettanti scenari.La grafic - novel  e’composta  di albi o mini albi che a loro volta “comporranno” dei capitoli. Una storia lunga ed autoconclusiva….

 Ecco una bozza della copertina…..